Non lasciamo solo Zanetti. Erano anni che non c'era un allenatore così innamorato dell'Hellas

L'inevitabile destino di un allenatore, come di un comandante, sia esso un generale o un leader di partito è la solitudine. Momenti in cui si devono prendere decisioni che influiscono sul destino di altre persone, la responsabilità di essere padroni del domani, senza sapere cos'è il domani, un bivio eterno o, se volete, le sliding doors che la vita offre e ci offre ogni giorno. Così è Paolo Zanetti, allenatore dell'Hellas Verona oggi. Un uomo solo al comando, come Faustino Coppi quando scappava via dal gruppo. Zanetti è la davanti, petto in fuori, sparate a me ma lasciate stare la mia squadra, giù le mani dai miei ragazzi. Il 3-0 con il Monza deve averlo toccato nel cuore. E nella mente.
Cosa sbaglio, cosa sbagliamo, perché? Domande che frullano nella testa a cui l'uomo solo al comando deve tentare di dare risposte che non siano banali: è colpa di Tizio, è colpa di Caio, è colpa di tutti, fino ad arrivare inevitabilmente a Setti che le colpe se le deve prendere sempre tutte, visto che è il capo supremo. Ma l'esercizio di dare la colpa è il più vecchio del mondo, facile da fare per ogni piccolo manager che si annida in qualche azienda, infrattato nei gangli del fancazzismo e dello scarica barile. Quanti ne abbiamo conosciuti…
No Paolo Zanetti non è di questa pasta. Il ragazzo, butel se volete, il Verona se l'è proprio preso in carico. Se l'è caricato sulle spalle, lo ha voluto, cercato. Potremo dire amato se questa storia (d'amore), non fosse appena all'inizio. E forse le pagine belle non sono ancora state scritte. Sarà quel che sarà, ma quel Zanetti lì è tanto che non lo vediamo qui a Verona.
Tra gente che urlava la propria insoddisfazione fino a scoprire che non c'è mondo fuor di queste mura (Juric), gente che passava da predestinata e che finì ghigliottinata (Cioffi), gente che è fuggita dopo la salvezza per prendersi i meritati frutti di una carriera in ritardo ma mai troppo (Baroni), ecco il veneto che vive e si nutre del Bentegodi, ne beve l'entusiasmo, ne apprezza i colori. Solo, come è giusto che sia. Ma a Verona non sarà mai solo. Sean lo accompagnerà e con lui tutto il popolo dell'Hellas. Che ha già capito tutto e aspetta le pagine più belle del libro.