VIGHINI | Perché Zanetti è l'uomo giusto nel posto giusto (e al momento giusto)
Non ci sono allenatori incapaci. Non più. Forse qualche anno fa, quando le conoscenze erano meno elevate, quando c'era meno studio e più improvvisazione, poteva funzionare così. Oggi tutti gli allenatori hanno un bagaglio di conoscenze tattiche di spessore altissimo. Scegliere un tecnico piuttosto di un altro è diventata materia delicatissima. Tutti hanno proprietà di linguaggio, professionalità, staff. Cambia però il carattere, il modo di trasmettere le nozioni alla squadra, di farla giocare. Ho sempre citato Prandelli che mi ha sempre detto che per un tecnico è molto importante studiare la piazza, sapere che pubblico hai davanti, per costruire poi un'organizzazione che davanti a questo pubblico si esalti e renda al meglio.
Verona, mi diceva Cesare, ha un pubblico all'inglese, a Verona devi costruire squadre che lottano, non squadre che si specchino e che facciano fronzoli. Il Bentegodi è uno stadio veemente, dove il contropiede, l'intensità di gioco, il capovolgimento di fronte, la squadra umile ma altruista e generosa sarà sempre applaudita. E va così da sempre, persino quando a comandare in Italia era l'Hellas di Bagnoli, l'esempio perfetto della verticalizzazione, della possanza atletica, della velocità di esecuzione, in cui Fanna e Marangon erano due coltelli che entravano ai fianchi degli avversari, dove Briegel in mezzo al campo era un aratro che scavava solchi, dove Elkjaer faceva disastri, dove la furbizia del Nanu era complementare. Per dire che è tradizione che a Verona si amino questo tipo di squadre, ed infatti fu così anche il primo Verona di Mandorlini, essenziale e concreto a ribaltare il fronte, con Iturbe e Romulo, con Toni che menava e segnava, con Gomez che portava la croce e spesso cantava.
Anche il Verona di Juric era di questa impronta. Con concetti diversi, ma uguale risultato. Aggressione alta a uomo per andare a prendere il pallone e poi verticalizzazione velocissima, il più veloce possibile. Quasi un calcio primordiale per certi versi.
C'è piaciuto e ci siamo innamorati anche del manipolo di ragazzi allenati da Baroni. Freschi, generosi, con la voglia di stupire sempre. Baroni ha accompagnato con saggezza questa squadra, andandosene quando era magari il momento di raccogliere i frutti di questo lavoro. Gli va riconosciuta chiarezza e onestà.
Ora è il tempo di Paolo Zanetti. Un ragazzo che parla in dialetto, che è concreto come lo siamo noi veneti, ma permettetemi, uno che ha due palle così. Con Zanetti andremo in battaglia, forse ancora di più che con Baroni. Paolo sta scalpitando, a Empoli lo hanno trattato malissimo. Esonerato dopo un pugno di partite, mai difeso e protetto, come invece è successo a Baroni a Verona con Sogliano. Non è un integralista, ma ha idee calcistiche chiarissime. Preparatevi ad allenamenti da marines, intensità a mille, sempre e comunque. E mettiamoci la rabbia per le delusioni recenti e avremo il quadro di quello che sarà Paolo Zanetti a Verona. L'uomo giusto, nel momento giusto e, aggiungo, nel posto giusto. Buon viaggio.