VIGHINI | La storia di questo campionato

Due anni fa il Verona compiva il miracolo acciuffando all’ultima giornata lo spareggio con lo Spezia a quota 31. Fu merito di un’incredibile rimonta che il Verona fece da gennaio in poi, quando Setti operò la miglior mossa della sua vita richiamando al capezzale della squadra, ultima e con un piede nella fossa (e forse con un possibile fallimento finanziario all’orizzonte…) Sean Sogliano.
Due anni dopo, il Verona di Paolo Zanetti raggiunge quella stessa quota a sette giornate dalla fine. E già questo basterebbe a spiegare la dimensione del campionato attuale. Non capire la proporzione di questa impresa significa non capire nulla di calcio. O essere in malafede. Un vero tifoso gialloblù, oggi deve gioire perché quella che il Verona ha compiuto e sta per compiere è una grande impresa. Considerate le condizioni iniziali, la cessione dei migliori giocatori (ancora una volta), l’arrivo di una Babele infinita di nuovi giocatori (bravi giocatori, sia chiaro, ma che avevano bisogno di lavoro, di conoscenza, semplicemente di capire dove erano capitati, di imparare la lingua, di conoscere i compagni), la vecchia guardia ormai spossata e svuotata di motivazioni, l’ennesimo nuovo allenatore degli ultimi anni e una serie infinita di infortuni che hanno falcidiato la squadra nei suoi uomini chiave o se volete nei suoi giocatori fondamentali e con più qualità, si potrebbe anche iniziare a chiamare le cose come stanno. Questo signore e signori è un capolavoro.
La firma è indubbiamente di Sean Sogliano, lo abbiamo detto fino alla nausea, ma anche questo non va dato per scontato. Quando nel peggiore momento della stagione, Sogliano scelse con coraggio raramente riscontrabile tra i colleghi attualmente presenti nella serie A italiana, di continuare con Zanetti, scrissi che dovevamo fidarci di quella decisione. Perché Sogliano è uomo intelligente e non è un coglione. In quel momento non riteneva Zanetti il responsabile principale, perché conosceva benissimo gli ostacoli che impedivano a Zanetti di poter lavorare bene. Questo non significa che Zanetti allora stesse lavorando bene. Lo stesso tecnico era in crisi personale in quel momento perché non riusciva a trovare il bandolo della matassa, la chiave giusta, la formula tecnico-tattica-morale per dare la svolta. E il motivo era semplice: la squadra non c’era. Non c’era ancora. Questo sapeva Sogliano, su questo lavorava Sean, non sull’esonero del tecnico, opzione facile per liberarsi la coscienza senza prendersi responsabilità.
Ed è stato lì che con pazienza infinita e una resilienza rocciosa Zanetti e Sogliano hanno iniziato a ricostruire la tela. I vecchi del gruppo pian piano si sono riaccesi, i nuovi nel frattempo sono cresciuti, si sono integrati, hanno iniziato delle relazioni, anche personali, prima totalmente assenti. Accesa questa scintilla, l’allenatore ha iniziato a soffiare sulla paglia. Ha costruito un vestito più consono, ha semplificato alcuni concetti, ha lavorato sui particolari. E il Verona si è acceso, come un fuoco, l’autostima fa miracoli.
A Torino questo Verona non ha minimamente risentito di una sequenza di assenze che avrebbero piegato squadre molto più forti. Per dirne una: l’Udinese recriminava sabato per l’assenza di Thauvin, il loro uomo più di classe. L’Hellas ha assorbito le assenze di Serdar, Suslov, Niasse, Tengstedt (senza contare quella di Harroui) senza battere ciglio. Il pareggio va stretto al Verona che avrebbe meritato di vincere. Ma il pareggio va colto e messo in banca perché preziosissimo a questo punto della stagione e proprio per quelle assenze.
Ora segnatevi questo nome: Bernede. A mio avviso è l’ultima grande scoperta di Sogliano, il nuovo Ngonge, il nuovo Noslin, il nuovo Belahyane. Vedo in questo ragazzo delle doti e delle potenzialità incredibili. Lasciamolo crescere, lasciamo che Zanetti ne scolpisca il ruolo e credo che alla fine sarà un’altra goduria. Sperando che stavolta non ce lo prendano dopo sei mesi…