Hellas Verona di Francesco Barana , 25/02/2025 8:00

Barana: Zanetti "redento", ha rinunciato al suo ideale in nome dell'obiettivo finale

Paolo Zanetti
Paolo Zanetti

Siano lodati gli infortuni. Probabilmente sono le assenze, o la disperazione, o forse un po’ tutto questo, che hanno suggerito a Zanetti di rimodellare il Verona secondo un pensiero più pragmatico e realista, tradotto nel vecchio e caro “prima non prenderle”.

Lo si era predicato, quasi sempre invano. Copriti, Zanetti. Copriti. Stupefatti, invece abbiamo assistito per mesi a un Verona che – incurante di tutto – perseverava nel giocare alto, spregiudicato, come nel dna del suo allenatore, che ama i trequartisti e predilige il gioco offensivo. Epperò il risultato erano imbarcate, o comunque gol lampo subiti, partite quasi subito compromesse, coperture preventive assenti e difensori così messi in condizione di sbagliare, condannati all’affanno di uno contro uno spericolati e spesso esiziali. Zanetti non rinunciava a se stesso in nome di una visione più ampia, del cosiddetto quadro generale.

Dopo la goledada rimediata contro l’Atalanta, qualcosa è cambiato. Sia a San Siro che ieri con la Fiorentina, il tecnico ha optato per un atteggiamento più accorto e misurato. Nessuna barricata, però il Verona ha pensato soprattutto a non prestare il fianco e ad aspettare il momento buono. Lo ha ammesso lo stesso Zanetti alla fine, memore di trascorsi turbolenti: “Noi dovevamo chiudere il primo tempo senza subire gol, è stato fondamentale quello”. A Milano un calo (mentale e fisico) nella ripresa e la tecnica (per quanto indolente e pigra) del Milan ci hanno condannato, con la Viola il copione è stato simile, ma a ruoli invertiti: Verona in crescendo rossiniano, Fiorentina a un certo punto in apnea. Morale? Il Verona finalmente gioca da umile convitata, da squadra che si deve salvare, con praticità, senza presunzione e inutili orpelli. Poi, certo, ci vuole anche la fortuna, ma anche i gol in zona cesarini non sono mai del tutto casuali: se tu tieni la partita in piedi, poi la zampata può sempre arrivare.

Attenzione, ciò non significa che con questo atteggiamento più sparagnino, automaticamente andrà sempre bene. Squadre compassate, senza ritmo e in crisetta come Milan e Fiorentina possono aver aiutato, potrebbe essere diverso con squadre più verticali e dinamiche. Ma quel che conta è aver concepito il cambio di mentalità, aver acquisito la consapevolezza che le salvezze le costruisci sulla fase difensiva, a costo anche di essere meno penetrante davanti (e comunque i rientri di Serdar e Tengstedt alzeranno la qualità offensiva).

La svolta vera è che l’allenatore ha rinunciato a un po’ di sé, al suo ideale calcistico, per lo scopo finale. In ritardo, certo, ma i tecnici emergenti, si sa, non brillano quasi mai per flessibilità, in passato è accaduto anche ai più grandi (l’Ancelotti di Parma). Ma saper cambiare è segno di intelligenza e Zanetti forse ha capito (imparato) qualcosa di più. Aiuterà anche la sua carriera.

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