Hellas Verona di Gianluca Vighini , 12/06/2023 7:50

VIGHINI | A volte i miracoli accadono

Setti in conferenza
Setti in conferenza

A volte i miracoli accadono. La salvezza del Verona è uno di questi casi. Ricorderemo l’incredibile campionato 2022/2023 come le grandi gesta epiche del passato. Lo spareggio di Busto, quello di Reggio Calabria. Siamo già nel campo della leggenda. Il Verona è riuscito a colmare il gap dallo Spezia, a braccare gli avversari, a fare 26 punti da gennaio a oggi. Ha buttato via anche tante occasioni, ha fatto arrabbiare, disperare, gioire. Mai si erano vissute tante emozioni così contrastanti tutte in una stagione. Oggi è il giorno della festa, ma è giusto fare anche delle riflessioni. Setti ha compiuto un errore madornale di presunzione quando ha pensato che togliendo sessanta gol a questa squadra e quindi di fatto smembrandola, si potesse lo stesso rimanere competitivi. Un errore che si è sommato al fatto che un ciclo storico era finito, con l’addio di Tony D’Amico. Setti ha sbagliato allenatore e direttore sportivo. Marroccu, brava persona ed onesta, non era la figura adeguata per sopportare un simile cambiamento. Cioffi, un allenatore giovane ed inesperto è stato mandato allo sbaraglio, privo di qualsiasi protezione. La squadra era un impasto mal riuscito di una vecchia guardia ormai logora e altri acquisti che mal si adattavano a schemi e abitudini. Il Verona della prima parte del campionato è stato disastroso. Sono stati sbagliati letture e tempi d’intervento. Il 13 novembre prima della sosta il Verona era ultimo a cinque punti. Praticamente retrocesso. Setti in quel momento ha preso la miglior decisione possibile: richiamare Sean Sogliano, il vecchio ds con cui aveva rotto e consegnargli le chiavi del Verona. E’ la mossa decisiva della stagione. Sogliano entra nello spogliatoio e con una straordinaria capacità di analisi diagnostica tutti i mali della squadra. Un lavoro eccezionale di equilibrio e decisionismo. Prima mossa: confermare il giovane ed inesperto Bocchetti che Sogliano non ritiene la causa principale del problema per il semplice fatto che Bocchetti non è mai stato messo nella condizione giusta di allenare. Lo supporta, lo guida, gli affianca una brava e leale persona come Zaffaroni che un po’ fa il mediatore e un po’ il consigliere, oltre che risolvere la grana burocratica del patentino. Il Verona pian piano si riprende. Il mese di gennaio che poteva essere la fase conclusiva del campionato è invece il trampolino verso la rimonta. Con la cappa enorme sulla testa di non poter mai sbagliare una partita, i gialloblù giocano una, due, dieci finali. Una rincorsa che alla fine è logorante. Nella testa prima che nelle gambe. Così ogni volta che l’Hellas sta per spiccare il volo, succede che invece viene riportato sulla terra. Succede con la Fiorentina in casa e poi ancora nel finale di campionato, dopo che con la vittoria straordinaria con il Lecce, si era toccato il cielo con un dito. La sconfitta con il Torino in casa ma soprattutto il pareggio con l’Empoli al 97’ al Bentegodi, sono due mazzate che piegano gambe, morale e testa. Questo ottovolante incredibile condiziona il giudizio sui due allenatori. Il Verona gioca spesso malissimo, frutto di una tensione emotiva che impedisce alla squadra di sviluppare temi tattici, di fare due passaggi di fila. Non si tiene sufficientemente in conto, nel giudizio, che il Verona da gennaio a oggi ha comunque fatto 26 punti andando a una media che sarebbe stata ampiamente sufficiente per salvarsi. Ballardini alla Cremonese, Stankovic alla Sampdoria e Semplici allo Spezia, tutti blasonati tecnici al confronto di Bocchetti, hanno fatto molto peggio di Sasà. Sono dati oggettivi e non vale in questo caso l’ipotesi che con un altro allenatore il Verona si sarebbe salvato prima.

In un modo o nell’altro, il Verona arriva anche allo spareggio. Solo pochi e incredibili tifosi credono a questo punto ancora nella salvezza. In molti hanno abbandonato la barca da tempo. L’Hellas non è favorito nella partita secca con lo Spezia, ma gioca la miglior gara della stagione. Il primo tempo è un capolavoro che riabilita il lavoro di Bocchetti e di Zaffaroni. 
Poi nel secondo tempo è il nome di Lorenzo Montipò a essere iscritto a caratteri d’oro nella storia del Verona. Montipò prende tutto quello che c’è da prendere, ma soprattutto para un rigore a Nzola che poteva cambiare l’inerzia della gara. 

Il Verona si è salvato, ma Setti non deve scambiare questo straordinario risultato come il frutto della sua bravura. Il rischio corso è stato elevatissimo, il baratro era veramente ad un passo, il futuro della società messo a repentaglio.

Bisogna però oggettivamente osservare che il prossimo sarà il nono anno in cui questo presidente così anafettivo e poco empatico, mantiene la squadra in serie A nei suoi undici anni di permanenza a Verona. Come mi ha fatto notare un vecchio tifoso dell’Hellas, memoria storica della squadra gialloblù stamattina alle 2 mentre il pullman entrava in piazza Bra, solo il mitico Saverio Garonzi ha fatto meglio di Setti nella storia di questa società, con 10 campionati nella massima serie. Nel momento in cui si critica questa presidenza (e noi lo abbiamo sempre fatto) dobbiamo anche pensare che Verona e i suoi imprenditori hanno guardato da un’altra parte e spesso hanno messo la testa sotto la sabbia quando si trattava di prendersi cura di questo bene prezioso per la città. A Setti va fatto capire che il Verona va vissuto con passione e non solo come fonte di guadagno. Nessuno gli ha mai chiesto di fare il passo più lungo della gamba, nessuno gli ha mai fatto una colpa di non essere ricco come Moratti o Berlusconi. Ma stride, in questo contesto di morigeratezza, uno stipendio faraonico che è legittimo ma moralmente foriero di un messaggio contrario al lacrime sudore e sangue imposto ai tifosi. C’è molto da lavorare quest’estate, tante decisioni da prendere e una certezza. Mai più una stagione del genere.