IL CARRELLIFICIO. Toni Dervishi: qual è la verità sui conti del Verona?

In genere questa rubrica propone storie surreali o assurde, figlie a volte di verità e a volte di pura fantasia. O, a volte, di tutte e due le cose. E’ un modo diverso per raccontare, nel bene e nel male, l’Hellas Verona e i tanti personaggi che lo circondano. Il sarcasmo, l’ironia, sono l’essenza del riderci su anche quando le cose precipitano. Oggi, questa rubrica non ha voglia di far ridere. C’è chi riderà già di suo a leggere le righe successive. Ma, beninteso, questa storia, oggi, non ha nulla a che vedere con la fantasia. E’ realtà. E in questa storia le “i” (o “y”) fanno la differenza.
Un tempo c’è stato Toni, poi è toccato a Tony. Entrambi hanno fatto sognare. Ma c’è un “Toni” che non hai smesso di lavorare nell’oscurità. Si chiama Dritan Dervishi, classe 70, è sbarcato al Verona nel 2012, quando Sean Sogliano e Roberto Gemmi lo portano dal Varese. Era poco più di un collaboratore dello scouting del Settore Giovanile. Di origini albanesi, in possesso del patentino da direttore sportivo, nel suo profilo LinkedIn si è sempre definito come “Talent Scout”. Tutti lo hanno soprannominato Toni. “Toni” Dervishi.
Setti, nell’epoca Sogliano, non lo calcola minimamente. Forse non sa nemmeno della sua esistenza in sede. Poi accade qualcosa di strano (o di magico, dipende dai punti di vista). Poco prima che Sogliano venga defenestrato (maggio 2015), il buon “Toni” è l’architetto della visita in Italia del Presidente della Federazione Albanese, Armand Duka. Un pranzo all’insaputa di Sogliano con Gardini e Setti, sancisce l’inizio di uno stretto contatto e proficuo rapporto con l’Albania. Scambio di visite, viaggi in Albania con voli privati, incontri istituzionali con omaggi di maglie con il numero 10 e via dicendo.
Uscito Sogliano dal Verona, il buon “Toni” si trasforma. Da garzone di bottega a vero e proprio esperto di finanza internazionale. I rapporti con l’Albania si fanno sempre più stretti e intensi, il buon “Toni” assume cariche prestigiose. Diventa (da scouting del Settore Giovanile, giusto ricordarlo…) l’amministratore unico delle Società che “iniettano” soldi per far vivere il Verona. I soldi necessari per la gestione autonoma di cui va tanto fiero patron Setti. Tutti i conti passano nelle mani del buon “Toni”. A parte la parentesi da direttore sportivo del Partizani Tirana (anno 15-16), quando torna al Verona, dove (cita il suo profilo) non ha mai smesso di fungere il ruolo di collaboratore, eccolo vestire i più “congeniali” panni di esperto di finanza: amministratore unico della Falco Investments, poi rinominata H23 nel 2017. Ma la sostanza non cambia: lui resta a capo della gestione patrimoniale del Verona, di chi fa transitare i soldi dentro le casse dell’amato Hellas.
Quando c’era il vicesindaco Toni (Luca, ndr), lui era un collaboratore dello scouting del Settore Giovanile. Quando c’è stato Tony D’Amico, lui era il responsabile scouting dell’Europa dell’Est (attenzione, che non si fraintenda per via della nazionalità: Kumbulla è entrato nel Verona da piccolissimo, a 9 anni, non ha avuto scopritori, padri e/o padrini), oltre che amministratore unico (cioè chi comanda). Oggi, il buon “Toni” è tornato ad affacciarsi, insieme a Setti, nello skybox presidenziale per vedere la partita contro lo Spezia. Seduto, in basso, ai piedi del suo mentore.
Oggi, dunque, sarebbe opportuno che Dritan Dervishi, soprannominato e più conosciuto come “Toni”, ci spiegasse che tipo di gestione finanziaria è stata adottata per il Verona. Lui che da 10 anni, seppur ricoprendo vari ruoli, è stato l’unico ad aver avuto accesso ai conti finanziari delle società che “iniettavano” soldi nel nostro Verona. Lui che queste società le ha amministrate. Lui che, meglio di chiunque altro, oggi potrebbe spiegare perché il Verona ogni anno deve cedere tutti i suoi pezzi migliori per rifinanziarsi e autogestirsi, rischiando altrimenti un tracollo gestionale.
Dritan Dervishi, in arte Toni, oggi è l’unico che, oltre a Setti, conosce la verità. E, dopo dieci sconfitte di fila che ha fatto spaventare Setti (tanto da richiamare al capezzale gialloblù il figliol prodigo Sogliano), sarebbe ora che raccontasse come ha amministrato in questi anni i soldi del club veronese. Se ha voglia di apparire davanti alle telecamere durante una partita (coincisa con il decimo ko di fila), oggi potrebbe cominciare a farlo davanti ai microfoni. Visto che lui sa, da amministratore unico, da dove provengono, dove convergono e come sono stati gestiti i soldi del Verona.