Barana: Ok i giocatori, l'incognita è l'allenatore (ecco perché)
Mi viene da dirlo quasi sussurrando: c’è aria di consolidamento al Verona. Meglio, appunto, non pronunciarla troppo forte questa parola da altri troppo spesso abusata, perché a mercato ancora in corso tutto può cambiare, sia in meglio che in peggio. È chiaro che per dare un giudizio compiuto sulla forza del Verona che sabato comincia il 31° campionato di serie A della sua storia, occorre attendere il 1 settembre. Resterà davvero Zaccagni, che è in scadenza di contratto e attende per firmare il rinnovo? E Barak sarà ancora gialloblu? Ovvio che i due sono colonne portanti, averli o non averli cambia il volto della squadra. E la punta, a cui ha accennato lo stesso Setti, arriverà? E farà la differenza o sarà il solito scartino altrui spacciato per colpaccio?
Ma è chiaro che le conferme di Lazovic e Faraoni (ma anche del vecchio Veloso), unite all’investimento milionario sul giovane talento Ilic hanno un peso specifico che non si può sottovalutare. Soprattutto dopo l’addio di Juric che lì per lì poteva dare adito al comprensibile sospetto che ci fosse qualche smottamento nella rosa. Così non è stato e va sottolineato: è forse la prima volta nella gestione Setti che si comincia a dare una vera e autentica continuità tecnica al club, con una spina dorsale (ci metto anche Magnani, Ceccherini e Gunter) e la conferma dei giocatori di maggiore qualità, tra questi anche Lasagna e Kalinic per i quali però resta il dubbio dell’affidabilità fisica.
La vera incognita – ed è strano definirla così visto il cursus honorum fino al 2018 – resta l’allenatore Di Francesco, reduce da tre campionati finiti anzitempo per esoneri o dimissioni. Sfortunato o “bollito” l’ex romanista? Ma soprattutto adatto a una piazza temperamentale e un po’ naif come Verona, lui che è sempre parso un po’ un professorino? E il calcio di Eusebio è il più logico per le caratteristiche dei nostri giocatori? Come diceva la canzone lo scopriremo solo vivendo.
Ma se un anno fa qualche perplessità c’era sulla rosa e la garanzia invece era l’allenatore, quest’anno è l’opposto. Una su tutti: mentre tutti parlano di attaccanti, ricordo che con Juric la differenza l’ha fatta sempre una solida fase difensiva – soprattutto nel girone d’andata, non conto i finali di campionato a salvezza già acquisita. Al culturalmente zemaniano Di Francesco l’onere (e l’onore) di non sbagliare.