La grande svolta della Clivense: avere un'identità costruita sulla sofferenza
La cosa che non ho mai sopportato è il pubblico fluttuante. Quello che tifava Chievo perchè era di moda. Belli, puliti e vincenti. Almeno fino a quando il Verona stazionava in serie C. Ho sempre pensato che una delle lezioni più belle dello sport sia la sconfitta. Accettare la sconfitta è la base dello sport. Facile tifare Chievo quando giocava contro la Juventus, l’Inter, quando andava in Europa. Un po’ più difficile tifare Verona che giocava a Manfredonia, a Gubbio, a Vercelli.
Ho sempre detto che la fortuna della mia generazione è stato vedere l’Hellas di Osvaldo Bagnoli vincere uno scudetto. Approcciarsi a quel Verona vincente era quasi naturale. Ma i veri “eroi” sono stati i ragazzini che hanno seguito il Verona in serie C, quando gli idoli erano Zeytulaev e Ferrari e non Luca Toni e Iturbe. Dopo lo scudetto, la forza del tifoso dell’Hellas è stata restare attaccato alla squadra anche con la retrocessione in serie C, dopo Busto Arsizio, dopo Portogruaro. Riemergere da quella palude, personalmente, ha avuto la stessa epica di vincere il tricolore.
Il Chievo per anni ha compiuto l’errore di fare la fotocopia del Verona. L’uso legittimo ma moralmente e sportivamente sbagliato dei simboli della città e della squadra avversaria che versava in difficoltà ha fatto malissimo a Campedelli e alla sua creatura. Non solo l’ha emarginata dalla città, ma ha creato una pesante patina di antipatia che ha danneggiato l’intero ambiente e forse corroso addirittura i rapporti.
Per questo il Chievo è più popolare fuori Verona che all’interno delle mura.
Ma ora c’è un’operazione che merita una grande attenzione e che sta creando un effetto diverso dal passato. Mentre il Chievo spariva dal calcio professionistico, una delle bandiere di quella squadra lavorava per portare avanti almeno un’idea. La bandiera è ovviamente Sergio Pellissier, l’idea è la Clivense, la squadra iscritta alla terza categoria che da ieri ha iniziato la sua nuova vita. Il fatto nuovo è che i tifosi del Chievo hanno deciso di seguire quella squadra, partendo dal basso, accettando la grande sconfitta della mancata iscrizione.
Al di là degli sfottò e della facile ironia, credo che questi tifosi meritino il più grande rispetto, lo stesso che meritavano i cinquemila di Busto Arsizio. La Clivense di Pellissier ha già più identità di quella di Campedelli, perchè più vera. E’ figlia della gente, ha simboli e colori identitari. E sono convinto che alla lunga avrà radici molto più profonde. E chissà mai che si ritorni a fare un derby in serie A. Diga contro Scala. Magari quando i mussi i volarà…