la Redazione

VIGHINI | Ivan, ti ricordi quando questa era casa tua?

Si può fare outing nel calcio? Si può. Ho amato Ivan Juric. Un trasporto poco giornalistico, molto passionale. Juric era tutto quello che per me deve essere un allenatore del Verona. Condottiero, bravissimo in campo, bravissimo ad allenare, polemico. Uno in grado di cambiare la storia di una società, di deviare il corso del destino, di regalare dignità, orgoglio e sogni. Uno che va sempre al massimo, a mille all'ora, spigoloso, stimolante, logorante.

Il Verona di Juric, soprattutto quello della sua prima stagione, era un orologio meraviglioso. Partito con gli sfavori del pronostico, senza lo scoppio della pandemia sarebbe arrivato in Europa. Juric era un incastro perfetto con Verona e i suoi tifosi. Glielo scrissi dopo il suo amaro divorzio, deluso soprattutto perché scelse il Torino, una piazza che non poteva essere sua come lo fu Verona.

A Verona compose una coppia perfetta con Tony D'Amico che ne limitava gli eccessi, ne regolava le asperità, i conflitti, soprattutto con il presidente. Aggiungerei anche l'ex capo della comunicazione Andrea Anselmi in questa opera di “calmierizzazione” del tecnico. Filtrarlo ma senza snaturarlo nella comunicazione. A suo modo un capolavoro. Infatti senza D'Amico e Anselmi, nella solitudine granata, Ivan si è perso. Ha perso la squadra, il Torino, ha perso anche un pochino il suo calcio. Forse inconsciamente ha limitato il suo carattere, ma così ha cambiato il suo modo di allenare, di vedere il calcio, di fare la battaglia ovunque e comunque.

A Verona era apprezzato, ci piace che un allenatore alzi la voce con l'arroganza del potere, che dica al collega avversario: “Questa è casa mia”. Il Torino di Cairo non può permetterselo. L'house organ rosa che ne segue le vicende come una fanzine, lo ha depotenziato. Ivan è un romantico, un passionale, un sincero. Un giorno sbotta, un altro chiede scusa come un bambino. Troppo. A Verona non ne aveva bisogno. Lo capivamo. 

Non credo che oggi sparerebbe palle incantenate contro Setti come faceva un giorno sì e l'altro pure. Setti lo ha accontentato per quanto poteva. Mai lo avevamo visto spendere soldi (tanti) e prendersi rischi come in quel periodo. Per certi versi Lasagna e Ilic sono state due “follie” che Setti e il Verona non potevano permettersi. Ma Juric lo meritava. Perché nel frattempo costruiva plusvalenze a nastro: Kumbulla, Rahmani, Amrabat, per dire le tre principali.

E so per certo che Juric si è pentito di essersene andato un minuto dopo aver preso la decisione. A Verona sono rimaste la deliziosa e intelligentissima moglie e le figlie. A Verona poteva costruire un ciclo come quello di Bagnoli. Verona sarà e resterà sempre “casa sua”. Anche domenica prossima, quando tornerà al Bentegodi.