la Redazione

BARANA | La salvezza (quasi) certa, il tocco di Sogliano e la tentazione irresistibile di Setti…

È quasi fatta. E non c’è da stupirsi: il Verona, da quattro mesi a questa parte, ha cambiato marcia: 23 punti in 19 partite, prestazioni e solidità in crescendo e, nel mazzo, due giocatori sopra la media: Noslin e Serdar. Se l’ex nazionale tedesco non sorprende (per lui era questione di condizione mentale e fisica), la storia da raccontare è quella di Noslin, un passato familiare complicato, cresciuto nei sobborghi popolari di Amsterdam, fino a pochi anni fa calciatore di quarta serie olandese e rider. Noslin a 25 anni è attaccante in ascesa: ha talento, fame, umiltà, spiccata intelligenza extra-calcistica e lo raccontano come un ragazzo di una compostezza e un’educazione straordinaria. Dopo Ngonge, un’altra perla di Sogliano, che nei Paesi Bassi sa pescare come pochi e, in generale, è uno di quelli che ama e vede il talento individuale e – budget permettendo – su quello, più che sull’impostazione tattica degli allenatori, costruisce le squadre. Un ds all’antica, non schematico, fantasista: è infatti l’allenatore che poi dovrà assemblare il suo mercato e adattarsi ai giocatori (di qualità), non il contrario.

Al Verona ora basta un punto, con due è sicuro, ma la squadra è in salute, può muovere la classifica sia con Torino, Salernitana e Inter e dunque tranquillamente scrollare le spalle al calendario delle altre, fregandosene di calcoli e “radioline”. Va detto però che in queste ultime tre giornate ci sono una miriade di scontri diretti: Sassuolo-Cagliari, Udinese-Empoli e Frosinone-Udinese (aggiungerei Lecce-Udinese di domenica, i salentini sono virtualmente già salvi ma non possono far avvicinare l’Udinese). Quasi certo che le due che retrocederanno con la Salernitana (le più a rischio sono Sassuolo, Empoli e Udinese) non raggiungeranno i 35 punti.

A salvezza matematica potremo riaffrontare il discorso societario: riproponendo una questione di cui avevamo già scritto su questo spazio il 20 marzo: la razionalità suggerirebbe a Setti di vendere il club, ma l’emotività, lo status e la perpetua riproposizione del business incasso-spendo zero-mi salvo sono una tentazione irresistibile per rimanere in sella. Una cosa è certa: finché è in serie A, è Setti che decide se e a quali condizioni passare la mano.

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